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Analisi acqua in condominio cosa dice la legge

Analisi acqua in condominio: cosa dice la legge

In Italia, la qualità dell’acqua destinata al consumo umano è regolamentata da diverse normative che derivano principalmente dalla normativa europea. L’affidabilità degli impianti idrici è una tematica molto sentita che, nel corso del tempo, ha portato al perfezionamento della norma per assicurare sempre la massima sicurezza e salubrità degli impianti. Fino al 2022, la principale normativa in questo contesto è stata quella enunciata nel Decreto Legislativo 2 febbraio 2001, n. 31, noto come “Testo Unico sull’Acqua” (TUA), recepimento della Direttiva 98/83/CE relativa alla qualità delle acque destinate al consumo umano. Un decreto che è stato abrogato con la pubblicazione in Gazzetta Ufficiale del Decreto legislativo 23 febbraio 2023, n. 18. La nuova normativa è stata emanata in attuazione della direttiva (UE) 2020/2184 ed è entrata in vigore dal 21 marzo 2023 introducendo diverse novità rispetto alla precedente. In particolare, sono state migliorate le definizioni riguardo la salubrità dell’acqua per il consumo umano. Per i condomini è cambiato poco o niente, ma è sempre bene fare un ripasso sugli obblighi e gli adempimenti che assicurano la salvaguardia della vita condominiale.

Ecco cosa dice la nuova normativa – Decreto 18/2023 – sulle acque destinate al consumo umano

Il nuovo decreto è stato emanato per migliorare la normativa precedente nell’ottica di salvaguardare la protezione della salute umana dagli eventuali effetti nocivi derivanti dalla contaminazione delle acque e, allo stesso tempo, per assicurare che le acque siano salubri e pulite. Inoltre, il Decreto legislativo 23 febbraio 2023, n. 18 assicura il miglioramento dell’accesso alle acque destinate al consumo umano.

Il decreto ribadisce il significato di “acque destinate al consumo umano”: l’articolo 2 del decreto recita che si tratta di acque “trattate o non trattate, destinate a uso potabile, per la preparazione di cibi, bevande o per altri usi domestici, in locali sia pubblici che privati, a prescindere dalla loro origine, siano esse fornite tramite una rete di distribuzione, mediante cisterne o in bottiglie o contenitori, comprese le acque di sorgente”; “utilizzate in un’impresa alimentare e incorporate negli alimenti o prodotti destinati al consumo umano nel corso della loro produzione, preparazione, trattamento, conservazione o l’immissione sul mercato”.

Chiede una maggiore specializzazione dei professionisti: il decreto prevede l’obbligo di formazione a cura delle regioni in coordinamento con il ministero per i gestori dei sistemi idrici interni, gli idraulici e per gli altri professionisti che operano nei settori dei sistemi di distribuzione idrici interni (comma 4, articolo 9)

Assicura la qualità delle acque: sebbene appaia quasi scontato, il nuovo decreto precisa in maniera incontrovertibile che le acque destinate al consumo umano devono essere salubri e pulite, cioè devono essere prive di microrganismi, virus, parassiti e sostanze pericolose e devono soddisfare i requisiti minimi stabiliti dall’allegato I, parti A, B, C del Decreto. La legge stabilisce quindi i parametri di qualità dell’acqua, che includono parametri microbiologici, fisici, chimici e indicatori di contaminazione. Ad esempio, si prestano attenzione a parametri come la presenza di coliformi totali e fecali, nitriti, nitrati, cloro, metalli pesanti, e altri.

Cosa cambia per i condomini? 

 Il nuovo decreto conferma quanto era già previsto dalla precedente normativa e lo migliora rimarcando che è compito dell’amministratore di condominio garantire i parametri fino al punto in cui l’acqua fuoriesce dai rubinetti. Pertanto, l’amministratore è il responsabile della parte di impianto di distribuzione interna.

Responsabilità: il decreto ribadisce che la responsabilità del gestore idrico integrato si estende fino al punto di consegna, vale a dire fino al punto in cui la condotta di allacciamento idrico si collega all’impianto condominiale in corrispondenza del contatore. La responsabilità, dunque, ricade sull’amministratore di condominio in qualità di Gestore della Distribuzione Idrica Interna (GIDI). Sarà questa figura la responsabile del sistema idropotabile di distribuzione interno, ovvero il punto di uscita dell’acqua destinata al consumo umano.

Valutazione e gestione del rischio: è l’amministratore di condominio a dover effettuare la valutazione e gestione del rischio dei sistemi di distribuzione idrica interni, in particolare:

  • l’analisi dei rischi connessi alle condutture e all’impianto di distribuzione interna. 
  • la verifica della potabilità dell’acqua volta a garantire il mantenimento dei requisiti di salubrità nella rete di distribuzione interna.

Controlli periodici: l’analisi delle acque degli impianti condominiali (quindi non quelle pubbliche) è obbligatoria per ogni condominio. Pertanto andrà effettuata un’analisi batteriologica almeno 1 volta ogni 6 mesi. Per essere in regola, il sistema di distribuzione interno deve rispettare i parametri microbiologici, i parametri chimici e i parametri indicatori elencati nell’allegato I, parti A e B .

Sanzioni: di conseguenza, le sanzioni amministrative sono a carico dell’amministratore e variano da € 5.000 a € 30.000 per il mancato rispetto dei parametri e da € 4.000 a € 24.000 per la mancata osservanza dell’obbligo di implementazione di valutazione e gestione del rischio del sistema di fornitura idropotabile.

Come abbiamo visto, il nuovo decreto non ha introdotto nuove misure per i condomini, ma ha reso solo più chiari gli obblighi e le responsabilità interne al fine di assicurare ai condòmini un ambiente sicuro e salubre. Se hai dubbi in merito alla nuova normativa oppure all’operato del tuo amministratore, il nostro consiglio è sempre quello di consultare un professionista del settore per essere certo che il tuo condominio rispetti le norme vigenti.

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